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Io devo brillare – Opere in permanenza Spedali Civili di Brescia

Io devo brillare. Opere in permanenza Spedali Civili di Brescia  27 Ottobre 2017.

Comunicato Spedali Civili IDB

Incantevole sentimento del guarire.

Una sfida estetica per l’Ospedale Civile di Brescia.
Barbara Vistarini viene chiamata a un intervento site specific nell’Ospedale Civile di Brescia. Quella stessa tipologia ospedaliera su cui Gaston Bachelard, se non ricordo male, aveva speso qualche parola. Non occorre rimuovere le scorie di un annoso dibattito, né sollevare il solito polverone di interpretazioni contrastanti per arrivare a dire certe incompatibilità, di certe pericolosità e persino conflittualità tra arte e vita.
Piuttosto che approfondire tali questioni o affidarci al modello epistemologico suggerito e discusso da Karl R. Popper, che per sua stessa ammissione (traggo queste indicazioni,infatti, dall’Autobiografia popperiana,pubblicata nel 1974 a cura di Arthur Schilpp),cerca di dimostrare come la conoscenza-noi aggiungeremo,al pari dell’azione artistica-progredisce per tentativi ed eliminazione degli errori ricercati consapevolmente,noialtri azzarderemo un’altra possibilità. Seguendo Popper finiremmo difatti per subordinare tutto l’agire dell’arte ai capricci della mente dominata da un solo orientamento,quello razionalistico. Invece il fare artistico-come sa bene chi abbia frequentato l’ambiente-si rispecchia in un ben singolare e contradditorio laboratorio creativo in cui l’artefice, in concreto opera per paradossi. L’artista mescola infatti improvvisazioni e progettualità ben programmate, intuizioni inaspettate e capovolgimenti di fronte non preventivati a un piano viceversa ben ponderato e fino a quel momento puntualmente perseguito, l’esaurirsi in corso d’opera dello slancio creativo oppure l’esito spesso rivoluzionario dello scontro imprevisto,e le conseguenti provocazioni, con i materiali o altre accidentalità contingenti che presentano difficoltà impreviste o irrisolvibili e dunque inducono il creativo a mutare anche radicalmente i propri piani e i suoi stessi disegni. I controlli pratici, inoltre, finiscono per recitare una parte preponderante nel fare artistico, non dimentichiamolo.

L’analisi del fare artistico, in ogni caso,non può certo sottrarsi al proprio contesto storico, né può limitarsi alla singola opera come, nel caso, all’installazione-peraltro dislocata in più stazioni o entità correlate-che Barbara Vistarini ha immaginato e ha realizzato specificatamente per l’Ospedale bresciano. Al contrario, essa chiede che una visione più ampia e articolata si accompagni all’esame analitico dell’opera su cui si va concentrando il focus della valutazione testuale in atto e cioé a dire attivata con questa nostra disamina; una valutazione d’assieme che si dovrà sommare a quella particolare o relativa, in questo caso, all’intervento site specific per la struttura ospedaliera bresciana. Affinché questo stesso venga interpretato e soppesato considerando pure l’ineludibile legame che sembra manifestare col suo pregresso lavoro artistico e, tanto quanto altri casi analoghi o similari,con il coevo fare
di altri autori. Vale a dire, con quanto, da un lato,la stessa Vistarini ha realizzato nel tempo.

Dall’altro lato, ciò che viene proposto in questo stesso giro di anni da altri operatori visivi che si siano cimentati con imprese consimili. In tal modo si può approfondire l’analisi dell’intenzione artistica dell’autrice, intendo dire Barbara Vistarini.Si può precisare meglio quella che taluno direbbe la sua stessa “poetica – quale si manifesta,naturalmente,in quest’opera-accostabile in particolare,a voler indicare un precedente più esplicitamente congruente con il tema di queste nostre riflessioni, al recentissimo “Disfashion”-riconoscendovi sin da subito,vale la pena di aggiungere,un dato autobiografico celato e tuttavia insistente e,perlomeno in questo caso risolutivo. Ella va manifestando pure, in questa sua installazione bresciana, tutta una serie di vincoli o relazioni dialettiche con lo spazio della struttura ospitante e che l’opera di Vistarini viene ad abitare,per cosi’ dire,artisticamente. Del resto, si tratta pur sempre di un intervento che è stato concepito per questo peculiare scenario e perciò ne é, almeno in parte, condizionato.

Vistarini ha infatti compiuto reiterati sopralluoghi,si è confrontata con il personale ospedaliero, medico e paramedico. Si è confrontata con interlocutori privilegiati che hanno voluto l’intervento ed ha acquisito più e più elementi indiziari.Ha persino attinto quanto più possibile ad altre fonti indirette. Ha finito così per familiarizzare con il luogo,lo ha assimilato e metabolizzato,in qualche modo , ricavandone ogni possibile elemento utile alla definizione della sua stessa opera. Elementi tutti che, come si diceva, vanno a sommarsi al dato autobiografico dal momento che Barbara Vistarini intenta un particolare riversamento di sé nel luogo,affatto particolare di questa realtà ospedaliera, assumendone le potenzialità spaziali,le datità ambientali, attraverso una chiave; il suo stesso fare artistico è ancorato in più modi al filosofare di Heidegger e dunque a certa eredità postmoderna. Si potrebbe confermare una serie di rilievi confermati senza ombra di dubbio quanto vado congetturando e inoltre,il suo stesso “raccontarsi “suona come una palmare conferma dal momento che Barbara Vistarini va definendosi” artista multimediale”,s aldamente”ancorata al concetto baumiano di distruzione creativa”. Una “distruzione creativa” attiva già ,a pieno regime, in “Disfashion”,un’operazione essa pure site specific dal forte timbro autobiografico e dal retro-gusto post-modernista che può dirsi l’antefatto dell’attuale intervento nell’Ospedale di Brescia. Limite e pregio di una ricerca artistica,il dato autobiografico-messo in evidenza o sottaciuto che sia-ora sembra proprio aver assunto, in quest’operatrice visuale, una centralità irrevocabile. “IDB”,acronimo di “Io devo brillare”,il titolo che Vistarini ha dato alla propria presenza impastandolo di istanze personali e non solo, a questa sua installazione site specific per l’Ospedale Civile di Brescia che è anche -si è visto-una proiezione di sé all’interno della struttura ospedaliera, lascia intendere molto altro ancora. Essa propone pure a mio avviso anche questo: e cioé a dire la messa in discussione delle eredità post-moderne, le stesse criticità inerenti il lascito di Heidegger. Nel mentre va ribadendo e dunque sta rivendicando in questa stessa installazione un residuo post-modernista, senza fare a meno,tuttavia, d’altre più attuali inferenze, di altri apporti quali il già richiamato Bauman. Qual’é, allora, l’intento a cui aspira Vistarini con questa sua installazione site specific,quest’opera pensata per la struttura ospedaliera bresciana? Suppongo di poter sostenere che ella aspira a dare un sollievo e un qualcosa che si accosti alla kantiana escatologia della speranza a coloro i quali entrano portandosi addosso il sudario del dolore. Per il riscatto del quale è cruciale assumere un altro vedere. “Saper vedere” con questo titolo leonardesco,uno storico dell’arte,Matteo Marangoni, pubblicava nei primi anni Trenta del secolo scorso uno dei saggi di educazione all’arte più tradotti tra i molti che possono dirsi autentici best sellers globali.

Imparare a vedere ,per dirla con un Goethe leonardesco, anche e particolarmente attraverso gli occhi della bellezza ideale stigmatizzata da Immanuel Kant.
Questo è il viatico al superamento di molti impedimenti esistenziali,degli affanni del vivere quotidiano, persino di non pochi dolori della carne, questo può essere anche il viatico per aspirare ad una steineriana nuova vita. Questo in ultimo, è il nodo Borromeo da risolvere: se l’arte ,nel caso l’installazione “IDB”di Barbara Vistarini,può offrire a chi anela alla possibilità di assorbire nuove energie vitali per intentare un reinizio, essa ha dato concretezza,in qualche modo,a un dono prezioso. Il suggerimento a rischiare un passo piu’ lungo della gamba,un’immaginazione mai immaginata prima.Ecco allora che è possibile intercettare un dato intrigante che investe di nuove istanze valoriali il fare artistico,l’arte stessa. Implementando cosi’ il riscatto dell’autobiografia di un dolore di cui scrive, insuperabilmente, Primo Levi. è qui che, forse, si risolve, almeno in parte, l’incontro spaesante, frantumante ,con l’arte. è in questo frangente che si può forse affermare un improvviso vedere che è in grado di corrispondere, anche per un attimo, ad un altro possibile vivere.
Una sfida che mette in gioco energie particolari,cercando di trasmettere e rendere visibile il nietzscheiano” incantevole sentimento del guarire”.

Rolando Bellini, docente di storia dell’arte all’ Accademia di Belle Arti di Brera. Milano.
Direttore di due edizioni della Biennale di Arti Visive di Firenze.

Gennaio 2017 Presentazione alla stampa dei nuovi reparti Breast Unit.
L’arte contemporanea entra nei luoghi di cura.


Alcune immagini dei test work in progress 2016 – 2017 dell’installazione IDB.


Ottobre 2017 Presentazione alla stampa delle opere in permanenza presso Spedali Civili reparto Breast Unit